L’evoluzione della medicina e della psicologia, hanno portato una sempre maggiore attenzione alla componente soggettiva del paziente, creando le condizioni per una visione più ampia dell’assistenza alla persona malata. Si abbandona la concezione del malato come “oggetto” da curare, a favore di un’ottica globale e multi-disciplinare, in cui la relazione diventa il nodo centrale della cura.
Le principali problematiche di cui si occupa la Psicologia Ospedaliera (detta anche Psicologia Medica e inclusa nel più ampio range della Psicologia della salute) riguardano:
– il disagio psicologico che, in misura diversa, accompagna ogni esperienza di malattia. La comparsa di una malattia, improvvisamente o progressivamente, rappresenta la rottura di un equilibrio, una minaccia che, a seconda del tipo e della gravità, produce modificazioni nella vita personale, familiare, sociale e lavorativa. Alcune patologie modificano radicalmente la propria vita e quella dei familiari, talvolta causano importanti capovolgimenti economici; altre volte sono vissute come vere e proprie “condanne” definitive. In altri termini, quando una persona si ammala, si ammala nella sua totalità.
– la sofferenza emotiva di un’ampia fascia di malati affetti da patologie spesso gravi, croniche e/o a prognosi infausta (cancro, dialisi, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, ustioni gravi, politraumi, diabete, ecc.) i quali in aggiunta ai problemi fisici, devono confrontarsi con reazioni emotive molto intense e con sequele psicologiche complesse che rendono ancora più difficile la loro esperienza di malattia.
– gli effetti che tale sofferenza emotiva ha sul paziente, i suoi familiari e sugli operatori;
– l’assistenza psicologica ai pazienti e ai loro familiari, erogata nell’ambito dei protocolli diagnostici e terapeutici specialistici, inerenti vari contesti assistenziali come i trapianti d’organo, la riabilitazione motoria, cardiologica, respiratoria, neuropsicologica, la chirurgia speciale nelle gravi obesità, la patologia neonatale, e rianimazione pediatrica, la maternità assistita, ecc.
La Psicologia Ospedaliera, quindi, si occupa dei disturbi, psicologici, neuropsicologici, affettivi dei malati degenti o in cura ambulatoriale e delle difficoltà emotive e relazionali delle persone che a causa di una patologia quasi sempre organica, acuta o cronica, medica e/o chirurgica afferiscono all’Ospedale Generale.
Le reazioni psicologiche, emotive e relazionali conseguenti alle patologie in atto, raramente sono di natura psichiatrica; queste reazioni, benché intense, vanno interpretate nell’ottica della dialettica emotiva e psicologica interiore propria delle persone senza precedenti problematiche psichiche, anche quando sono dure, faticose e complesse e necessitano di un intervento psicologico specifico e/o psicofarmacologico.
Altre problematiche di cui si occupa la Psicologia ospedaliera sono:
– il supporto e la formazione psicologica degli operatori, specie quelli delle aree “critiche;
– il miglioramento della qualità di vita dei malati;
– l'”umanizzazione” dell’assistenza;
– la prevenzione e promozione della salute.
In sintesi, le aree direttamente interessate dalla Psicologia Ospedaliera sono tre, cioè quella della sofferenza psichica del paziente e dei suoi familiari, quella della formazione degli operatori e quella della organizzazione del lavoro.
Alcuni aspetti possono esser portati dall’istituzione pubblica al privato? Ovviamente ci sono molte criticità sia da un punto di vista della sostenibilità economica dei percorsi, sia della minor possibilità di interagire con i medici curanti, ma non è impossibile occuparsi di psicologia della salute al di fuori dagli ospedali.
Dr.ssa Silvia Colizzi