Dormire bene? Un’esigenza per la tua salute

Il sonno è un’esigenza universale, nessuno può farne a meno, è un bisogno primario, al pari del respirare, del nutrirsi, del comunicare…

La “società dell’informazione” in cui viviamo, ha diffuso in maniera trasversale alcune “verità essenziali” sul sonno. Oggi, infatti, tutti conoscono l’importanza di un buon riposo per il mantenimento del nostro stato di salute psico-fisica. D’altro canto in pochi agiscono attivamente per migliorare la qualità del proprio sonno.

A questo fine anche in questo blog si intende diffondere un po’ di “cultura sonnologica” per piccoli o grandi disturbi, sperando di generare maggior consapevolezza sulla relazione bilaterale: sonno ↔benessere.

Sleep-Herro

COSA SUCCEDE AL NOSTRO CERVELLO ADDORMENTATO?

I cicli del sonno.

“Il sonno è uno stato prontamente reversibile di ridotta reattività e di ridotta interazione con l’ambiente.”

Il sonno non è uno stato unico bensì un processo complesso e ciclico che evolve in modo continuo mostrando una regolare successione di stadi caratterizzati da diversi schemi di attività cerebrale. Un ciclo completo dura circa 90 minuti e si ripete in sequenza da 4 a 5 volte durante una intera notte.

Ogni ciclo è caratterizzato dalla presenza di due fasi principali:

fig_1_nuove• Le fasi Non-REM, o sonno senza movimenti oculari, durante questa fasi si ha una calo dell’attività del cervello e il sonno diventa rilassante.

• La fase REM, o sonno con rapidi movimenti oculari, presenta un’attività cerebrale in estremo fermento, mentre il corpo è completamente immobile. Durante questa fase si sogna, si elaborano le informazioni acquisite durante il giorno e si consolidano i ricordi.

Per mantenere una buona qualità del sonno è fondamentale non solo riuscire a dormire un numero sufficiente di ore, ma anche non alterare la sequenza fisiologica delle fasi che lo compongono. Non tutti però dormiamo allo stesso modo. Le ore di riposo, la qualità del sonno e il passaggio da una sua fase all’altra, sono caratteristiche molto soggettive.

I fattori che influenzano il sonno possono cambiare molto in funzione dell’età, dell’attività lavorativa, dello stress e dei disturbi fisici e psicologici, dal nostro stile di vita e da vari fattori ambientali, oltre che dal nostro comportamento durante le ore diurne.

CURIOSITA’ DAL MONDO DELLA SCIENZA

Il sonno non è una semplice perdita di coscienza, ma è uno stato attivo caratterizzato da un’intensa attività elettrica e chimica del cervello. Durante il sonno, infatti, il nostro cervello continua a funzionare anche se in modo diverso rispetto a quando è sveglio. In maniera semplicistica si potrebbe dire che aiuta l’organismo a ritrovare le energie spese durante la giornata.

_ il sonno rafforza l’apprendimento e la memoria . Dormire serve a rimettere ordine nel cervello. Le ricerche hanno dimostrato che il cervello sfrutta il sonno per fare ordine e scremare quanto di inutile ha accumulato durante la giornata, consolidando quindi, in maniera indiretta, le conoscenze che si devono ricordare. Lo dimostrano gli studi compiuti dal team di ricercatori guidato dal professor Giulio Tononi, docente di psichiatria all’università del Wisconsin .

_il sonno conferisce al cervello una maggior capacità di regolare le risposte emotive. Senza sonno, i centri cerebrali che regolano le risposte emotive, reagiscono in maniera drammaticamente eccessiva alle esperienze negative. Lo rivela uno studio di brain imaging condotto da ricercatori della Harvard Medical School e dell’Università della California a Berkeley pubblicato su Current Biology .

grelina_dormire un sufficiente numero di ore contribuisce a “mantenere la linea”. Una ricerca fatta da un gruppo di ricercatori delle Università di Chicago e di Bruxelles, guidati da Karine Spiegel, ha dimostrato che la durata del sonno può influenzare il livello di due ormoni, la leptina e la grelina, che regolano il senso della fame. La leptina, prodotta dalle cellule adipose, diminuisce il senso dell’ appetito, mentre la grelina, prodotta dallo stomaco, lo aumenta. Meno si dorme, più aumenta il livello di grelina; più si dorme, più aumenta quello di leptina. In pratica, quindi, quando si perde del sonno è probabile che si mangerà di più e si tenderà a ingrassare. Un ulteriore processo biochimico regolato dal sonno è la produzione dell’ormone Gh (Growth hormon o Somatotropina). Meno ore di sonno significano, infatti, anche una ridotta produzione del l’ormone della crescita, la cui carenza può dare un senso di stanchezza. Un ipotesi empiricamente confermata, sostiene che noi potremmo tentare di compensare questo senso di spossatezza cercando in maniera eccessiva del cibo, che ci da momentaneamente l’illusione di quella forza, che senza un sonno sufficiente, non viene recuperata.

Queste sono particolarità del sonno non appartenenti al sapere comune, che però è giusto mettere in luce, perché possono fungere da stimolo ad un maggiore controllo dei propri cicli di sonno-veglia, la cui regolarità è importantissima.

In generale, dunque, dormire bene è necessario per sentirsi riposati ed efficienti di giorno, di contro, dormire poco o male può provocare malumore, svogliatezza e stanchezza, alterato senso dell’appetito, oltre che un peggioramento dello stato generale di salute.

CONSIGLI PREZIOSI…

Esistono una serie di comportamenti che se messi in atto possono favorire il sonno notturno.

I principali sono:

• Cercare di coricarsi e svegliarsi ogni giorno alla stessa ora, possibilmente anche la domenica

• Non praticare esercizio fisico a ridosso dell’ora in cui andate a dormire

• Svolgere attività rilassanti prima di andare a letto

• Evitare di riscaldare troppo la camera da letto, la temperatura ideale è tra i 18 e i 20 gradi

• Non guardare l’orologio durante la notte

• Non assumere sostanze eccitanti come caffeina, teina o nicotina nelle 6 ore prima di coricarsi

• Moderare l’uso di alcolici soprattutto prima di andare a letto

• Evitare di dormire durante il giorno o se se ne sente la necessità fare un breve “pisolino” che non superi la mezz’ora nel primo pomeriggio

• Non tenere in camera TV, computer o altri strumenti che emettono onde magnetiche

• Non rigirarsi nel letto se non si riesce a dormire, è meglio alzarsi, leggere qualcosa, fare degli esercizi di respirazione e tornare a letto dopo un po’

• Non andare a dormire con l’ansia di non riuscire ad addormentarsi

La medicina, la psicologia, le neuroscienze sono coese nella ricerca di risposte, soluzioni o semplici consigli per far si che sempre meno persone soffrano di disturbi legati al sonno e godano di un maggior benessere nella loro vita quotidiana.

Pubblicità

Morbo DI PARKINSON. Tra chimica e clinica.

Parkinsons-brain-final
Aree dopaminergiche del cervello

 

La Malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa che colpisce il SNC (Sistema Nervoso Centrale) ed è caratterizzata principalmente dalla degenerazione di alcune cellule nervose situate in una zona profonda del cervello denominata “substantia nigra”. 

dopamina-wzór-chemiczny
Struttura molecolare della Dopamina

Queste cellule producono la dopamina, sostanza (neurotrasmettitore) che trasmette messaggi ai neuroni in altre zone del cervello e che è indispensabile per il controllo dei movimenti di tutto il corpo.

Il decorso della malattia di Parkinson incontra diverse fasi.Queste si possono riassumere nel modo che segue:

mw450_mh400
Stimolazione Tran-Scranica TMS

–  esordio con i primi sintomi, tra i quali tremore a riposo, rigidità muscolare, bradicinesia (lentezza e povertà di movimenti), postura curva e andatura impacciata;
–  diagnosi, con visita Neurologica e Tecniche di Neuroradiologia;
–  terapia (definita anche fase di “luna di miele”, in quanto per moltissimi anni il paziente può giovare di un elevato controllo della sintomatologia con la terapia farmacologica);
–  complicazioni da Levodopa (vi sono complicazioni diverse da paziente a paziente);
–  DBS (stimolazione cerebrale profonda), intervento chirurgico che si può ritenere necessario in alcuni casi di gravi tremori);
–  declino cognitivo, le funzioni cognitive prima non inficiate, quali il linguaggio, l’attenzione e altre funzioni possono divenire deficitarie nelle fasi avanzate.

I limiti del trattamento della M. di Parkinson sono essenzialmente legati al fatto che, non esistendo ancora una cura, esso sia mirato fondamentalmente al miglioramento dei sintomi. Inoltre, il beneficio sintomatico della levodopa è temporaneo, perché vi è un processo noto come “wearing-off” che porta alla necessità di aumentare sia la dose farmacologica sia il numero di somministrazioni, per far sì che il paziente continui a beneficiare del trattamento. Altri limiti del trattamento sono legati all’eterogeneità delle complicanze che subentrano nella fase avanzata della malattia.

A tal proposito, uno studio pubblicato dal “Sidney Multicenter Study of Parkinson’s Disease” (2009), ha riportato i seguenti dati su pazienti con P. avanzato:

•l’87% dei pazienti era caduto almeno una volta;
•l’87% dei pazienti presentava declino cognitivo o demenza;
•l’81% manifestava freezing (interruzione della marcia).394249037

Cosa fare dunque nei lunghi anni di malattia, per questi pazienti. Senza dubbio sono di notevole efficacia i trattamenti non farmacologici quali:
fisioterapia;
•logopedia;
•neuropsicologia
Più specificatamente ai pazienti parkinsoniani, in aggiunta alla terapia farmacologica, viene prescritta la fisioterapia, finalizzata alla riduzione delle complicazioni secondarie alla ridotta mobilità (es. restrizioni muscolo-tendinee, osteoporosi, alterazioni cardio-respiratorie), all’ottimizzazione delle residue capacità funzionali e alla compensazione delle attività deficitarie (ri-apprendimento motorio).
Viene regolarmente prescritta anche la logopedia, la quale aiuta il paziente nel migliorare la produzione del linguaggio inficiata dal deficit motorio che coinvolge spesso anche la muscolatura bucco-facciale ed eventuali disturbi nella deglutizione (disfagia).
Viene consigliato, ma raramente “prescritto”, il trattamento neuropsicologico Esso viene spesso condotto solo all’interno dei reparti di neurologia specializzati. Sarebbe utile continuare a seguire il paziente anche al di fuori del regime di ricovero, in quanto la neuropsicologia utilizza esercizi carta-matita o computerizzati sulle funzioni deficitarie per riabilitarle e su quelle nella norma per mantenerle ed eventualmente rinforzarle, al fine che compensino le difficoltà.
La neuropsicologia sfrutta la capacità di plasticità cerebrale, cioè la possibilità di un cervello anche adulto di modificarsi a livello anatomico e funzionale sulla base di adeguate stimolazioni ambientali (nel nostro caso con esercizi cognitivi).

Alla domanda: “la malattia di Parkinson può essere modificata in qualche modo dall’attività riabilitativa?”, la letteratura scientifica oggi mostra diverse evidenze di come l’attività fisica e la stimolazione neuro-cognitiva (quella svolta senza ausilio di macchinari medicali o intervento chirurgico) svolgano una funzione neuro-protettiva sulla degenerazione dopaminergica, rallentando il decorso della patologia.

Dr.ssa Silvia Colizzi

ALZHEIMER e neuropsicologia.

La persona nelle prime fasi della malattia sviluppa delle difficoltà nell’acquisire e utilizzare nuove informazioni. Si osservano inoltre deficit nel ragionamento o nello svolgimento di compiti complessi, difficoltà visuo-spaziali (testabili nei test di copia di disegni anche molto semplici e nel disegno dell’orologio), alterazioni nelle abilità di linguaggio correlate a difficoltà mnestiche e di recupero delle parole e, nelle fasi più avanzate, alterazioni della personalità e del comportamento, disorientamento e smarrimento del proprio sé.

Di fronte ad un atteggiamento passivo che spesso colpisce le famiglie dei pazienti, in quanto improvvisamente si trovano in casa un familiare che andrà incontro ad un declino doloroso e del quale hanno già sentito abbondantemente parlare, perché oggi l’AD è il “cancro della terza età” e credono che altro non vada fatto se non somministrare farmaci e fare controlli medici finché il paziente non dovrà esser portato in una struttura adatta.

neuron-alzheimers-plaque
Alzheimer, come la beta amiloide distrugge le sinapsi. La proteina beta amiloide inizia il suo processo distruttivo aggregandosi in ammassi che alterano le comunicazioni tra le sinapsi nel cervello dei soggetti affetti da Alzheimer molto prima di formare le caratteristiche placche che si osservano post mortem.
Quello che però dice la ricerca scientifica è che se attuate già nella prima fase della malattia, certe terapie neuropsicologiche unite al counselling psicologico per i familiari, può rallentare molto il declino cognitivo e quindi il decorso della malattia.
Ad esempio, uno studio pubblicato recentemente su una rivista scientifica (Viola L.F, Nunes P.V et al, 2011) ha dimostrato l’efficacia di un programma di riabilitazione multidisciplinare specifico per le forme di Alzheimer in stadio non avanzato. Il trattamento in questione prevede sedute di riabilitazione (la riabilitazione di gruppo è favorita perché aumenta gli stimoli e le possibilità di comunicazione, ma anche la riabilitazione singola è vicariante in quanto il rapporto diadico con il terapista o il neuropsicologo può esser molto stimolante e supportivo) due volte a settimana per 12 settimane consecutive.
Il programma comprende:
  • riabilitazione cognitiva specifica,
  • training computerizzato,
  • terapia occupazionale,
  • arte terapia,
  • attività fisica,
  • psicoterapia e counseling psicologico per i familiari.
I risultati di questo studio hanno evidenziato differenze significative tra i soggetti sottoposti al trattamento multidisciplinare sopra descritto (associato alla terapia farmacologica) e i soggetti sottoposti alla sola terapia standard (trattamento farmacologico e controlli medici).

Seniors exercising

I soggetti sottoposti alla stimolazione cognitiva hanno mantenuto complessivamente stabile il proprio livello di funzionamento cognitivo con alcuni miglioramenti sia di tipo cognitivo sia di tipo emozionale, mentre il gruppo di controllo ha riportato un globale peggioramento della performance cognitiva (soprattutto in memoria e attenzione), risultato indotto dalla natura progressiva della malattia.

Particolarmente rilevante sembra inoltre l’attività di counseling psicologico rivolta ai familiari dei pazienti; sembra infatti che l’addestramento dei caregiver sulle strategie di comportamento più idonee da applicare quotidianamente e il supporto psicologico fornito nei momenti di difficoltà, riduca loro lo stress, con un significativo miglioramento della qualità di vita propria e del propri cari.

Neurotrasmettitori: i messaggeri chimici del cervello.

Il Neurotrasmettitore è una sostanza chimica dell’organismo che permette alle cellule nervose di trasmettere i loro messaggi. Tra i neurotrasmettitori abbiamo principalmente le seguenti molecole: l’acetilcolina, l’acido g-aminobutirrico, l’adrenalina, la dopamina, varie endorfine, diverse encefaline, la noradrenalina, la serotonina,…

principali neurotrasmettitoriOgni neurotrasmettitore agisce in determinati siti del cervello, dove ci sono i suoi recettori e si dedica a funzioni ben precise (sensibilità al dolore, contrazione muscolare, coordinazione dei movimenti, etc…).

Spazio tra i due neuroni dove avviene il rilascio e la ricaptazione del neurotrasmettitore.
SINAPSI: Spazio tra i due neuroni dove avviene il rilascio e la ricaptazione del neurotrasmettitore.

Il neurotrasmettitore viene sintetizzato da un neurone pre-sinaptico (cellula nervosa), che in seguito lo secerne a livello di una sinapsi, zona di congiunzione con una seconda cellula post-sinaptica (questa può esser un altra cellula cerebrale, oppure una cellula muscolare o ghiandolare). Il neurotrasmettitore si fissa quindi al suo specifico recettore (attraverso un sistema di tipo chiave-serratura che vede la sua compatibilità nelle possibilità di legame chimico), situato sulla membrana che circonda la seconda cellula. In questo modo provoca la reazione (per esempio contrazione nel caso di una cellula muscolare o imput di un segnale doloroso ad una cellula situata nei centri nervosi somatosensoriali).

NB: Numerosi farmaci svolgono la stessa azione di un neurotrasmettitore e vengono dette agonisti (adrenergici, colinergici,….); altri hanno l’effetto contrario e prendono il nome di antagonisti (adrenolitici, anticolinergici). Inoltre, il deficit di un dato neurotrasmettitore può essere responsabile di una patologia: questo avviene per esempio nel morbo di Parkinson, in cui si osserva un deficit di dopamina.

Dr.ssa Silvia Colizzi

Psicofisiomed di Silvia Colizzi

NEUROSCIENZE e storia dei metodi. Il Test di WADA.

Tra i primi metodi utilizzati per lo studio delle funzioni cognitive, va menzionato il Test di Wada, introdotto dai neurologi Wada e Rasmussen nel 1960.

test di wadaQuesto test nacque allo scopo di determinare la lateralizzazione del linguaggio in pazienti con epilessia parziale farmaco-resistente; questi pazienti erano candidati ad intervento chirurgico e quindi il test aveva la finalità di evitare che non venissero effettuate escissioni chirurgiche alle aree che permettevano al paziente la produzione e la comprensione del linguaggio. In seguito venne utilizzato anche prima di altre operazioni chirurgiche di tipo ablativo e inserito nelle ricerche sperimentali.

230px-Amobarbital.svg (1)
Struttura chimica dell’amital sodico (barbiturico) C11H18N2O3

In generale si tratta di test medico che prevede l’iniezione di un sedativo (amital sodico) in carotide. L’effetto è quello di “spegnere” temporaneamente qualsiasi funzione cognitiva superiore nell’emisfero contro-laterale all’iniezione. Il fine è quello di poter valutare l’altro emisfero non anestetizzato.

200px-Amobarbital_ball-and-stick
modello geometrico dell’amital sodico

Il paziente viene infatti sottoposto ad una valutazione neuropsicologica che consente di verificare la funzionalità di una determinata funzione cognitiva. Tuttavia, il Test di Wada è invasivo e comporta diversi effetti collaterali, quali cambiamenti della personalità, disinibizione comportamentale, emiplegia ed eminegligenza controlaterale (neglect).

Pertanto è stato progressivamente abbandonato dalla ricerca e limitato nella clinica a delicati interventi neurochirurgici, specialmente prima di un intervento ablativo in pazienti con grave epilessia per non intaccare le aree del linguaggio e altre aree cognitive importanti per la vita del paziente.

Dagli anni ’70, le neuroscienze si sono potute avvalere di macchine sofisticate quali la TAC – tomografia (assiale) computerizzata, la RM – Risonanza Magnetica, la fMRI – Risonanza Magnetica Funzionale e la PET – Tomografia ad Emissione di Positroni.

Con lo sviluppo della diagnostica per immagini si è resa possibile l’indagine ‘in vivo’ delle attività corticali, da quel momento non è stato più necessario incontrare, o generare un danno cerebrale al fine di poter decifrare l’architettura funzionale del cervello per scopi non clinici, ma di ricerca sperimentale.

Dr.ssa Silvia Colizzi 

Plasticità cerebrale. Prime riflessioni.

Benché il numero dei neuroni sia già definitivamente stabilito fin dalla prima infanzia, il cervello continua a presentare fino all’adolescenza un fenomeno chiamato plasticità cerebrale. La plasticità include sia processi morfologici che funzionali.

Brevemente essi possono esser così riassunti:

  • fe7b159cc1eac10e6da5037c6ad45a09rapida produzione o eliminazione di sinapsi;
  • progressiva mielinizzazione di fibre nervose;
  • variazioni della concentrazione di neurotrasmettitori (le sostanze chimiche che permettono ai neuroni di comunicare);
  • variazione del numero dei recettori (un recettore è una proteina, transmembrana o intracellulare, che si lega con un fattore specifico, definito ligando) dei differenti neurotrasmettitori.

Questi processi di plasticità neuronale sono controllati, in parte, dagli stessi neurotrasmettitori.

180px-Amminoacido_acido_glutammico_formula.svg
Struttura chimica dell’acido glutammico

Ad esempio, variazioni nelle concentrazioni della dopamina nelle sinapsi possono modificare in più o in meno il numero dei recettori di questo neurotrasmettitore. Un ruolo particolarmente importante nei processi di sinaptogenesi svolge l’acido glutammico.

Questo neurotrasmettitore eccitatorio agendo in particolari recettori chiamati NMDA decide sul “destino” di certi neuroni e di certe connessioni neuronali.

NB. Poiché le diverse droghe, come la cocaina, l’amfetamina, l’eroina e l’alcool modificano l’azione di differenti neurotrasmettori esse alterano pertanto le normali condizioni nelle quali devono realizzarsi i suddetti processi neurobiologici. È prevedibile che l’assunzione di queste massicce e per tempi sufficientemente prolungati possa influenzare lo sviluppo neurobiologico del cervello dell’adolescente e quindi i suoi correlati funzionali: cognitivi, emotivi e comportamentali. Vedi un mio articolo sul Binge Drinking

Nel bambino la plasticità cerebrale è massima, tuttavia durante l’adolescenza vengono create numerose connessioni (sostanza bianca), mentre altre scompaiono. Questo processo di maturazione cerebrale porterà l’adolescente a raggiungere verso i 24 – 25 anni una migliore comunicazione tra lobi frontali (aree del controllo cognitivo) e aree sottocorticali (aree degli impulsi e delle emozioni). In questo periodo di ridefinizione della struttura architettonica cerebrale, qualsiasi fattore in grado di impattare con l’equilibrio biochimico, può portare ad un’alterazione nella maturazione neurobiologica e potremmo osservare delle conseguenze a lungo termine.

Durante tutto il ciclo di vita esperienze psicologicamente traumatiche agiscono sulla biochimica del cervello. Molte ricerche testimoniano alterazioni nel volume dell’ippocampo destro e/o sinistro e/o indicazioni di minore densità neuronale ippocampale in reduci di guerre (T grande), in donne soggette ad abusi sessuali (T grande), in persone sottoposte a stress psicologico protratto (t piccolo) (Bremner, 1999; Bremner et al., 1998; Bremner et al. 2003; Krystal, et al., 1998; pubblicazioni on line Trauma e cervello 1 Putnam 1994; Shuff et al., 1997; van der Kolk, et al., 1997; per una rassegna: Bremner, 2002).

Farò moltissimi altri esempi sulla plasticità cerebrale. Questo è un concetto di base sul quale tornerò molto spesso.

Dr.ssa Silvia Colizzi

neuroplasticità-copia-1030x364

A quale pubblico si rivolge PSICOFISIOMED?


PSICOLOGIA

PSICOLOGIA ETA’ EVOLUTIVA

  • Bambini con difficoltà scolastiche (sia di ordine cognitivo, che relazionale)
  • Bambini con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (Dislessia, Discalculia, Disortografia, Disgrafia).

Dr.ssa Silvia Colizzi, (Psicologa esperta in DSA e Neuropsicologia) Dr.ssa Nicole Sassi (Logopedista).

PSICOLOGIA ETA’ ADULTA

  • Soggetti con difficoltà relazionali in famiglia, nell’ambiente lavorativo, in altri contesti della vita quotidiana.
  • Adulti con difficoltà cognitive (memoria, attenzione, comprensione,…) a seguito di traumi cranici, ictus, malattie neurodegenerative.
  • Soggetti che avvertono un disagio specifico nella sfera dell’umore, del pensiero, della percezione di sé e degli altri. In questo caso verrà’ effettuata psicodiagnosi del disturbo, restituzione e proposta di un percorso di Sostegno Psicologico, percorso riabilitativo (es. tecniche espressive – arteterapia, musicoterapia, psicomotricità), o psicoterapia.

Dr.ssa Federica Capelletto (Psicologa-Psicoterapeuta), Dr.ssa Silvia Colizzi (Psicologa esperta in Neuropsicologia) e Dr.ssa Sara Pontoglio (Psicologa, psicoterapeuta in formazione con indirizzo Sistemico Familiare).

psychologist-md

LOGOPEDIA

 

  • Bambini e adulti / anziani.

I disturbi del linguaggio possono essere acquisiti o congeniti e svilupparsi durante tutto il ciclo di vita.

Dr.ssa Nicole Sassi (Logopedista)

FISIOTERAPIA e OSTEOPATIA

Persone con disturbi al:

  • Sistema muscolo-scheletrico: tendiniti, dolori articolari, cervicalgie, dorsalgie, dolori costali e intercostali, lombalgie e dolori al coccige;
  • Sistema neurologico: Cefalee, emicranie, vertigini, cervicobrachialgie, sciatiche, cruralgie;
  • Sistema digestivo: reflusso gastro-esofageo, gastriti, coliti, difficoltà digestive in genere;
  • Sistema circolatorio: disturbi circolatori agli arti, congestioni venose, emorroidi;
  • Sistema genito-urinario: incontinenze, dolori al basso ventre, dolori ai rapporti sessuali.

Dr.ssa Laura Limmatola (Fisioterapista Osteopata).

PERSONAL TRAINING, CORSI DI FITNESS DI GRUPPO E NUTRIZIONE

  • Persone dai 16 in su, che vogliono semplicemente tenersi in forma con costanza e con esercizi guidati da un esperto che possa strutturare allenamenti mirati alle caratteristiche e agli obiettivi di ciascun cliente.
  • Persone che vogliono cambiare il loro stile di vita per migliorare l’immagine corporea e lo stato di salute.

Virginio Filippi (Personal Trainer, esperto in Fitness Nutrition), Dr.ssa Maura Coti (Scienze motorie, Personal Trainer e istruttrice di corsi fitness e fitness musicali) Dr. Davide Spoldi (Biologo – Nutrizionista).

OSTETRICIA

Il servizio di ostetricia si rivolge a:

  • future coppie di genitori con corsi di accompagnamento alla nascita;
  • future mamme e neo-mamme con corsi di movimento in gravidanza, consulenze durante la gravidanza, il puerperio e l’allattamento.

1407146660

Laura Volpi (Ostetrica)

Presentazione del mio centro “Psicofisiomed”

PSICOFISIOMED PER LA SALUTE GLOBALE DELLA PERSONA
PSICOFISIOMED è un nuovo centro per la salute globale della persona, che si dedica alla Promozione, Prevenzione, Trattamento e Riabilitazione. Psicofisiomed è sempre aggiornato con la ricerca scientifica in ambito di disturbi psicologici, cognitivi, motori e neuromotori.
Psicofisiomed si allinea alle considerazioni, riconosciute a livello internazionale, sul concetto di “salute” e sull’importanza dell’educazione alla stessa e sulla promozione di uno stile di vita sano consono allo sviluppo di un alto livello di benessere.
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia e di infermità”. Organizzazione Mondiale della Sanità (1946).
Pensiamo sia necessario lavorare ancora molto sulla promozione della salute e la prevenzione delle malattie e non solo sul loro trattamento.
“Grazie ad un buon livello di salute l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente e di adattarvisi”. Organizzazione Mondiale della Sanità (1946).
PSICOFISIOMED
Via Romano 2B
24050 Cividate al Piano (BG)
033945089

 

Obiettivo studio privato, non solo di Psicologia!

8/02/2015
Sono stata assente per tutto il 2014 da questo blog. Durante lo scorso anno sono avvenuti moltissimi accadimenti e sviluppi!
Ho terminato il mio tirocinio annuale presso il Collegio San Carlo di Milano, dove ho sperimentato diversi tipi di esperienze e mansioni nell’ambito della psicologia generale (valutazione prerequisiti, abilità cognitive, …), della psicologia dello sviluppo (sportello d’ascolto, colloqui con bambini, ragazzi e genitori, incontri per il sostegno alla genitorialità,…) e della psicologia scolastica (screening Disturbi Specifici dell’apprendimento, colloqui con insegnanti, valutazione delle dinamiche di gruppo nelle classi, orientamento scolastico,…).
Ho terminato un Corso di Perfezionamento organizzato dall’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’Istituto Europeo Oncologico, dal titolo “Approccio palliativo alle malattie avanzate (oncologiche e non oncologiche) e alle gravi fragilità psichiche che vivono nelle comunità”, che mi ha dato moltissimi stimoli e ha riacceso in me l’amore per la medicina, in aggiunta a quello già forte per la psicologia. Ho terminato due corsi di Psicomotricità presso l’Istituto di Psicomotricità di Anne Marie Wille, uno di “Intervento Psicomotorio di Base” e un altro di “Terapia psicomotoria per l’età evolutiva”, trovandoli molto interessanti e utili come integrazione alla mia passione per la neuropsicologia.
Ho portato avanti il Master sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento presso il CENAF (sede di Milano), anch’esso molto denso e consistente, in quanto unisce il classico approccio alla diagnosi DSA riconosciuto dalla Consensus Conference del 2007 a un nuovo metodo riabilitativo, che utilizza la psicomotricità funzionale.
Ho sperimentato un corso della ISSA (International Sport Sciences Association) in Fitness Therapy per comprendere meglio le basi del movimento e imparare a pensare in termini di allenamento funzionale quando ci troviamo di fronte a persone con delle patologie metaboliche, cardiovascolari, etc. Solo successivamente ho svolto un corso ISSA per certificarmi come Personal Trainer (2016) e Bodybuilding Specialist (2019).
Infine ho effettuato il mio Esame di Stato che mi ha un po cambiato la vita; non so come meglio definire quel momento. L’EdS ferma tutto, ci obbliga a rallentare e tornare sui libri seriamente, fare enormi ripassi e sperimentare tanta ansia. Alla fine, quando le 3 prove scritte sono superate e manca solo lo scoglio dell’orale si vede già’ la meta. Una volta che si è abilitati alla professione, non resta che realizzare ciò che si era progettato. C’è chi fa la scuola, chi inizia a far qualche master, chi prosegue il tirocinio post lauream, chi sta malissimo perché si rende improvvisamente conto del vuoto lavorativo e chi, come me, prova emozioni contrastanti perché se da una parte potrà svolgere la professione per la quale si è preparata (in senso peraltro davvero vasto), dall’altra riconosce anche che al di fuori del setting privato e delle iniziative personali, fuori la meritocrazia sia davvero ai minimi storici.

2015_05_05 22.jpg

Comunque, sempre carica mi avvicino al day 1 per il mio studio Psicofisomed, dove stiamo ultimando i lavori fisici e strumentali !!! Sito dello studio: http://www.psicofisiomed.it
Un abbraccio a tutti ! Silvia

Disturbi d’ansia, questi “conosciuti”. Il GAD.

GAD è l’acronimo inglese di Generalized Anxiety Disorder, che in italiano si traduce come Disturbo d’Ansia Generalizzata. L’ANSIA è uno “stato di allarme” continuo e generalizzato verso una vasta serie di stimoli esterni di cui il soggetto sopravvaluta il pericolo potenziale ed è la caratteristica di base del GAD.

Un luogo comune da sfatare è che l’ansia possieda solo un’accezione negativa. L’ansia, infatti, è radicata nella natura umana ed è funzionale alla mobilitazione di risorse necessarie per la gestione di situazione difficili per il soggetto.
Essa offre la possibilità di affrontare con successo lo stimolo che l’ha indotta. Negli animali la sua funzione è avvertire della necessità di agire in direzione di scopi biologici da raggiungere, come la sopravvivenza.

An image of girl with headacheNell’uomo moderno, la sua funzione rimane quella di preparare l’individuo a reagire a stimoli che lo metteranno alla prova, come situazioni potenzialmente pericolose, svilenti o aperte al giudizio altrui, etc.
Avrete provato tutti una certa qual dose d’ansia prima di una gara sportiva, di un esame, di un colloquio di lavoro? Bene, sappiate che sarà stata proprio questa sensazione, con il suo significato protettivo perché innato e radicato nell’evoluzione di uno dei sistemi più primitivi, che vi avrà permesso di raccogliere le risorse psico-fisiche necessarie per una buona performance.
Anche l’ansia indotta da uno sintomo somatico permette al soggetto di avere una maggiore probabilità di un esito positivo per la sopravvivenza, perché lo indurrà ad effettuare visite, esami di controllo, a modificare lo stile di vita…etc.
Quando il livello d’allerta supera una certa soglia (determinata da caratteristiche biologiche ma anche ambientali/ situazionali dell’individuo), l’ansia diviene disadattiva e determina un calo del rendimento.
In altre parole, quando l’ansia induce una riduzione della probabilità di affrontare con successo il “pericolo”, o semplicemente le “sfide” di tutti i giorni, ecco che possiamo parlare di ansia patologica.
Inoltre, per l’organismo umano vale il principio della conservazione dell’energia: livelli di attivazione bassi permettono una migliore conservazione del “sistema uomo”, si pensi all’effetto dannoso di una attivazione cronica del sistema ormonale dello stress (cortisolo) che risulta essere addirittura neurotossico.
Quindi, un organismo sano tende ad utilizzare il minimo di energia possibile per fronteggiare efficacemente i pericolo esterni ed interni. Per questo, tutto quello che abbiamo detto finora, compresa un certa dose d’ansia giornaliera, è funzionale al buon adattamento sociale di ciascuno di noi.
Tra le manifestazioni somatiche dell’ansia patologica abbiamo una sintomatologia simile a quella del panico, seppur meno intensa, meno improvvisa e che si sviluppa in maniera più graduale.
Le persone con GAD lamentano spesso dispnea, sensazione di soffocamento, palpitazioni, sudorazione o mani fredde e bagnate, bocca asciutta, nausea o disturbi addominali, vampate di calore o brividi, disfagia o “nodo alla gola”, contrazioni muscolari tensioni o dolenzia muscolare, facile affaticabilità ed irrequitezza.

Ma ancora più “curiosamente” l’ansia patologica e’ uno stato affettivo caratterizzato da particolari componenti cognitive, quali un’amplificazione peggiorativa del reale, un’attesa costante del danno e una sensazione d’impotenza. Infine, è osservabile una componente comportamentale, finalizzata alla risoluzione o allontanamento della minaccia.
La persona appare quindi in “allerta” nella maggior parte delle situazioni.
Tutti noi tendiamo a preoccuparci di cose come i problemi di salute, il denaro o la famiglia, ma le persone con il Disturbo d’Ansia Generalizzata sono estremamente preoccupate per queste e molte altre cose ancora, anche quando non vi è nessuna ragione di esserlo.Young woman covering face with hands, looking through fingers, close-up
Pensano che le cose andranno sempre male. Talvolta, anche solo affrontare la vita quotidiana diviene un qualcosa di davvero pesante e stressante.
Il GAD è un disturbo meno “evidente” del disturbo di panico: queste persone non corrono in pronto soccorso, non pensano di aver un infarto, di morire o di impazzire…tuttavia sono sempre allarmate e preoccupate e spesso vengono persino prese in giro perché ciò che dovrebbe esser assimilato ad un disturbo trattabile con psicoterapia e, se necessaria, una terapia farmacologica, viene confuso con un tratto di personalità o addirittura come una “scelta” del soggetto di esser un “uccello del malaugurio” per sé stessi e per gli altri.
Oggi, le elevate richieste che ci vengono fatte dalla società in cui viviamo non favoriscono l’acquietarsi dei sintomi ansiosi.

Ciò che è necessario fare è chiedere sempre aiuto se sentiamo di non riuscire più a gestire da soli, e senza preoccuparci troppo, le piccole incombenze della vita quotidiana!