Le demenze. Un inquadramento Bio-Psico-Sociale.

Le demenze sono un gruppo eterogeneo e complesso di condizioni neuro-patologiche che ha cominciato a ricevere un’adeguata attenzione solo negli ultimi 25-30 anni, da quando sono state considerate in un ottica bio-psico-sociale.
  • Età media dei malati: 77,8 anni.
  • Prevalenza Sesso: 67,8% F ; 32,2% M.
  • Stato civile: 49,6% coniugati; 47,4% vedovi.
  • Oltre l’80% vive nella propria abitazione e quindi sono seguiti direttamente da familiari (caregiver) e/o badante.
  • Ore di assistenza diretta necessarie: 6 ore al giorno.
  • Ore di sorveglianza necessarie: 7 ore al giorno.
  • Presenza di badanti nelle famiglie con malato di AD: 40,9% delle famiglie (il 95,1% delle badanti sono donne, l’89% non ha un titolo professionale adeguato).
I dati dell’indagine Censis ci informano del fatto che c’è bisogno di aiuto e assistenza a 360°, di preparazione ad hoc nei professionisti della salute, di sensibilizzazione verso una conoscenza più precisa di queste patologie in modo tale da facilitarne una “diagnosi precoce”, concetto importantissimo perché legato alla presa in carico tempestiva del paziente e alla possibilità di ritardare la comparsa di importanti sintomi cognitivi, comportamentali e organici.
Oggi, le demenze possono essere considerate l’espressione emblematica dell’integrazione mente-cervello, in quanto malattie acquisite in un cervello precedentemente sano, che si esprimono attraverso il declino delle capacità intellettive, la compromissione globale delle funzioni superiori (quali il linguaggio, la capacità di astrazione, di pianificazione, etc..) e/o del movimento, a cui consegue la compromissione della vita di relazione e dove la stessa vita quotidiana diventa per il paziente difficile da affrontare, perché la persona dispone di risorse sempre più limitate per adattarsi alle richieste del suo contesto.
Dal report “I costi sociali ed economici della malattia di Alzheimer: cosa è cambiato?” (2007), apprendiamo che la condizione dei malati d’Alzheimer (la demenza più diffusa in assoluto) e dei loro familiari, appare per molti versi l’emblema delle difficoltà incontrate dal nostro sistema sanitario e socio-assistenziale nel fornire soluzioni adeguate per la presa in carico delle patologie croniche degli anziani.
Segue qualche dato, estratto dal report Censis (2007), che può diventare fonte di riflessione:
  • il 45,7% dei familiari ha denunciano cambiamenti rispetto alla propria vita professionale
  • l’85% segnala che la propria vita sociale è stata in tutto o in parte compromessa
  • il 77% vorrebbe sfuggire dalla situazione che sta vivendo
  • il 78,3% prova rabbia per la sfortuna di doversi confrontare con la malattia.
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Questi dati ci informano dell’importante prevalenza della malattia e di come le famiglie, senza poter sempre disporre di strutture specializzate sul territorio nazionale (per distanza o costi) e senza poter disporre di personale adeguatamente formato per l’assistenza e le consulenze, si trova spesso a dover trasformare la propria vita quotidiana o a ricorrere all’aiuto di una badante (proprio come se l’anziano fosse in un buono stato di salute mentale).

E’ evidente che per le demenze, come per altre condizioni patologiche complesse, sia necessaria un’azione terapeutica e di intervento non solo medico-biologica, ma anche neuropsicologica (valutazione e riabilitazione deficit cognitivi per rallentare -se possibile- il declino), psicologica con gli stessi pazienti specialmente nella fase iniziale quando sono spesso spaventati nel trovarsi in una situazione di deficit mai esperita prima, nonché con familiari per tutto il decorso della patologia per fornire supporto e anche utili indicazioni su come comportarsi, infine socio-terapeutica per evitare l’isolamento/l’emarginazione del malato o del nucleo familiare e per facilitare le misure assistenziali necessarie.

 

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